articolo pubblicato su “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente” nel numero di luglio-agosto 2024
Autore: wp_10121919
Il Grande Parco della Piana Fiorentina – articolo su l’Italia, l’Uomo, l’Ambiente marzo 2021
di Gabriele Antonacci – da “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente” n° 3, Anno VIII, Marzo 2021
Lago di Peretola, Fenicotteri rosa, Phoenicopterus roseus (2020) |
I DATI CONTENUTI NELL’ARTICOLO SONO RIFERITI AL 2021
Firenze ha vissuto fin dalle sue origini un profondo rapporto con la sua pianura, area oggi gravemente danneggiata e aggredita. La piana nasconde straordinari tesori naturali e storici, alcuni dei quali sono oggetto dell’articolo. L’area è stata oggetto di vari piani e progetti di tutela ambientale non del tutto realizzati che richiedono per il loro completamento una mobilitazione civile. È possibile individuare un grande progetto di valorizzazione con benefici in termini economici, di salute pubblica e ambientali che può portare l’Area Metropolitana Fiorentina ad essere una Green Town esemplare.
Il bacino costituito da Arno, Greve e Vingone sulla riva sinistra, Mensola, Mugnone, Bisenzio e Ombrone sulla destra, con tutti i loro affluenti, forma un sistema ambientale, storico e paesaggistico unico, ricco di riserve naturali, zone umide e paesaggi fluviali. L’ecosistema è caratterizzato da ben 156 specie di avifauna nidificante e/o svernante insieme a numerose specie di piante, pesci, invertebrati, anfibi, rettili, mammiferi; gli uccelli migratori, come ad esempio i fenicotteri rosa nel Lago di Peretola, qui trovano punti importanti di sosta. L’ambiente è stato modellato dall’uomo nei secoli, con un disegno che risale al periodo etrusco e romano: quando Giulio Cesare stabilì la colonia di Florentia nel 59 a.C. il territorio a ovest della città di 150 kmq venne suddiviso in 300 centurie di 700 m di lato, ciascuna delle quali frazionata in quattro parti uguali. Tutta la pianura era attraversata da strade e fossi, che disegnavano i perimetri delle centurie e costituivano un esemplare sistema di bonifica e di logistica agraria. Molti dei centri urbani attuali disseminati nella campagna hanno origine dalle fattorie degli agricoltori romani.
Cercherò di presentare una sintesi di alcuni aspetti della Piana Fiorentina, senza pretendere di essere esaustivo, considerando un’analisi delle tre aree principali.
1) il “Parco Agricolo della Piana”, con una superficie di circa 7000 ettari;
2) la ZCS (Zona Speciale di Conservazione) “Stagni della Piana Fiorentina e Pratese”, con una superficie complessiva di 1902 ettari, in gran parte all’interno del Parco Agricolo della Piana.
3) Il “Parco Agricolo Perifluviale in riva sinistra d’Arno” nei comuni di Firenze, Scandicci e Lastra a Signa.
Zona speciale di conservazione IT5140011 “Stagni della Piana Fiorentina e Pratese”: estratto planimetria da sito Ministero dell’Ambiente, con apposizione denominazione di alcune località.
1) IL PARCO AGRICOLO DELLA PIANA è ben definito dalla “Deliberazione 16 luglio 2014, n. 61 del Consiglio Regionale della Toscana” (1).
La delibera considera caratteristiche e obiettivi del piano, tra cui evidenzio:
- 1. promozione delle attività agricole e di forestazione legate alle esigenze di mitigazione ambientale, riqualificazione e valorizzazione del Parco;
- 2. interventi di piantumazione per ridurre l’inquinamento atmosferico, migliorare la fruibilità dei percorsi che collegano le aree urbane al parco, qualificare il disegno del Parco stesso;
- 3. investimenti per le aree umide e per la rete ecologica;
- 4. interventi per una migliore fruizione del sito archeologico di Gonfienti;
- 5. azioni di risanamento e miglioramento della qualità dell’aria, volte a ridurre le emissioni inquinanti;
- 6. azioni per la promozione di energia da fonti rinnovabili e per l’efficienza energetica;
- 7. interventi di miglioramento della mobilità collettiva
Numerose idee e progetti sono definiti dalla delibera, riguardanti aree comprese tra i comuni di Firenze, Prato, Campi Bisenzio, Signa, Calenzano, Sesto Fiorentino, Poggio a Caiano e Montemurlo. Come esempio vorrei evidenziare cosa è stato previsto per la piantumazione di nuovi alberi e a che punto siamo.
Il progetto del 2014 ipotizzava una superficie da imboschimento pari a 150 ettari, con 1100 alberi per ettaro, per un totale quindi di 165.000 piante. Tale intervento, oltre tutti i vantaggi naturalistici e paesaggistici introdotti, avrebbe comportato un immagazzinamento di 3615 t/anno di emissioni di CO2 dopo 20 anni dall’inizio dell’intervento. Alla fine del 2015 il parametro è stato portato a 1660 piante per ettaro, per un totale di circa 250.000 piante (2) con conseguente aumento di capacità di assorbimento di CO2, vitale intervento in una zona interessata da aeroporto e autostrada.
Ho chiesto alla Regione Toscana alcuni dati e informazioni relativamente allo sviluppo del progetto, che sono stati forniti con precisione e tempestività. E’ stato constatato che solo il 60% delle particelle catastali messe a disposizione dei comuni poteva essere utilizzato: il resto era già impegnato in infrastrutture o non era adatto all’operazione. Gli 88 ettari rimasti (dei 150 identificati inizialmente) comprendevano 43 ettari di “parco pubblico”: zone diffuse nel territorio, già condizionate da arredi urbani e piste ciclabili, dove era possibile solo infittire l’alberato esistente.
A queste superfici sono stati aggiunti altri 19 ettari in casse di espansione, che per la loro stessa finalità possono contenere solo un numero limitato di piante. Alla fine del 2021 sono previste a dimora circa 11.300 piante, contro le 250.000 previste alla fine del 2015 (vedi anche la tabella con riepilogo dei dati).
La Regione Toscana ha anche attivato un bando – di ben 7 milioni di euro – per finanziare imboschimenti nelle aree agricole e non agricole delle aree periurbane: ma non risultano risposte significative, per attese di valorizzazione economica dei terreni assolutamente separate da obiettivi ambientali.
La Piana non è solo natura, ma come in tutto il territorio nazionale beni ambientali e culturali sono indissolubilmente legati. Inizio con i primi due tesori. A nord del Parco nella zona di Gonfienti si trovano i resti di una grande città etrusca, di estensione pari a circa 17 ettari. Gli scavi fatti fino ad oggi hanno portato alla luce straordinari ritrovamenti: una Domus di grandi dimensioni (1460 mq!), ceramiche attiche, buccheri di pregevole fattura.
In posizione baricentrica al Parco Agricolo si colloca la Rocca Strozzi di Campi Bisenzio, costruita nel 1363 dagli Strozzi sulla riva destra del fiume Bisenzio per proteggere il centro abitato. Ristrutturata, può avere ottime funzioni di museo e di punto di riferimento; attualmente è stata dedicata a esposizione dei ritrovamenti di Gonfienti, anche se, a gennaio 2021 quando ho fatto il sopralluogo, mancava di indicazioni.
La rocca Strozzi a Campi Bisenzio (2021)
2) LA ZCS IT5140011 “STAGNI DELLA PIANA FIORENTINA E PRATESE”, ha una superficie complessiva di 1902 ettari, in gran parte all’interno del Parco Agricolo della Piana. Comprende alcuni siti separati sul territorio ma di grande rilievo di cui fornisco qualche minimo cenno.
- L’ Area Naturale Protetta di Interesse Locale (ANPIL) “Cascine di Tavola” (Comune di Prato, Comune di Poggio a Caiano) è una riserva storica, straordinaria, nata dalla volontà Medicea e comprendente un esempio del bosco planiziale, un tempo esteso da Firenze a Pistoia. Prossima alla Villa Medicea di Poggio a Caiano, occupa una superficie di circa 300 ettari (per confronto le Cascine a Firenze hanno una superficie pari a 160 ettari). Nel parco si alternano zone naturalistiche a edifici e canali di origine medicea. Meraviglia architettonica la Fattoria Medicea, oggi chiusa e in rovina, su cui ci sono progetti di recupero.
- L’ANPIL “Stagni di Focognano” (Comune di Campi Bisenzio) corrisponde all’Oasi WWF omonima, con una superficie di 65 ettari costituita da 5 bacini lacustri, che rappresentano uno snodo importantissimo per le “vie d’acqua” seguite dagli uccelli. È un luogo che è stato progettato e costruito per rappresentare l’antico paesaggio della piana fiorentina. Le specie presenti sono innumerevoli: aironi, cicogne, pellicani, cormorani solo per dirne alcuni.
- L’ANPIL “Podere la Querciola” (Comune di Sesto Fiorentino), si estende per circa 50 ettari; al suo interno è compresa una zona umida di circa 11 ettari (precedentemente dedicata ad attività venatorie) e due stagni, recentemente realizzati, di complessivi 7 ettari.
- Il “Lago di Peretola” è costituito da un bacino lacustre e da un prato umido con una superficie complessiva di 11 ettari, situato accanto all’aeroporto. Il luogo è divenuto celebre per la presenza dei fenicotteri rosa tra dicembre e marzo. Nella zona umida sono presenti vari tipi di anfibi.
- L’area WWF “Val di Rose”, di proprietà dell’Università di Firenze,ha una superficie di circa 18 ettari, di cui 6 di laghetti. È importante per gli anfibi.
- I “Renai di Signa”, prossimi alla confluenza del Bisenzio in Arno, sono un territorio a verde attrezzato di carattere ricreativo, con una superficie complessiva di 270 ettari, ricavata in una zona oggetto negli anni 50 e 60 di attività estrattive di sabbie e ghiaie. Nel sito è presente una zona naturalistica, il “Lago Casanuova”.
- L’Area Naturale Protetta “La Querciola” di Quarrata, con una estensione di 118 ettari, abbina campi di piccole dimensioni a zone umide di interesse naturalistico, con un articolato sistema di fossi e stagni.
- Esistono nella ZCS anche laghi dedicati all’attività venatoria nei periodi di apertura alla caccia. L’area è molto vasta, 200 ettari allagati secondo dati Federcaccia Prato 2019 (5): valore in termini di superficie allagata senz’altro uguale o superiore a quelli protetti. Secondo l’associazione dei cacciatori, che garantisce il mantenimento e lo sviluppo di questo sistema, a fronte di tre mesi di prelievo venatorio si rendono disponibili ben nove mesi di protezione e tutela della fauna. Di fatto queste aree divengono una “trappola ecologica”, in quanto le specie migratorie vengono attratte dalle zone allagate apparentemente favorevoli, ma poi oggetto di periodi caccia con le relative conseguenze.
Oasi WWF Laghi Focognano, Cavalieri d’Italia Himantopus himantopus, sullo sfondo Beccaccini Gallinago gallinago (2011)
Impatto della nuova pista dell’Aeroporto. La Relazione di Incidenza (3) descrive con precisione l’impatto della nuova pista dell’aeroporto sulla ZCS IT5140011. In estrema sintesi si prevede l’interramento del ‘Lago di Peretola’, dell’Oasi WWF Val di Rose e di zone palustri ricadenti all’interno della parte meridionale dell’ANPIL Podere la Querciola. Per compensare l’eliminazione di tali aree è prevista la realizzazione di ulteriori zone protette
– nuova zona umida ‘Il Piano’ (Comune di Signa) di 38,5 ettari;
– nuova zona ‘S. Croce’ (Comune di Sesto Fiorentino) di 18 ettari;
– nuova zona ‘Prataccio’ (Comune di Campi Bisenzio) di 19,2 ettari.
3) Il Parco Agricolo Perifluviale in riva sinistra d’Arno è un’ipotesi formulata da alcuni anni, nel cui ambito ricadono alcune realtà tra i comuni di Firenze, Scandicci e Lastra a Signa di notevole importanza naturale e storica.
- La foce della Greve in Arno: è una zona di grande bellezza, frequentata da cormorani, aironi, martin pescatori e altre specie di avifauna. È stata recentemente oggetto, per motivi di bonifica, di una vasta eliminazione della vegetazione presente che ne faceva una vera e propria oasi naturale. La zona è collegata al vasto Parco dell’Argingrosso, alla periferia di Firenze, anch’esso dotato di piccola oasi naturalistica in precarie condizioni.
- Il parco dell’acquedotto di Mantignano: accanto alla foce della Greve, è di assoluta importanza per il suo bosco di alcuni ettari, con piante di alto fusto assolutamente importanti e non frequenti nella piana fiorentina. Ad oggi non risulta accessibile.
- Il parco agricolo di Mantignano-Ugnano: è il territorio corrispondente agli antichi orti fiorentini, ha vocazione di territorio agricolo multifunzionale e, nonostante una serie di interventi edilizi e infrastrutturali che hanno interessato la zona, può essere ancora ben recuperata alla funzione originaria.
- La Badia a Settimo è il gioiello storico e artistico della piana fiorentina. La sua importanza è paragonabile alle basiliche del centro di Firenze, ma solo da pochi anni è stato intrapreso un percorso di recupero che ne potrà permettere una sua piena disponibilità.
- Il corridoio verde del Vingone èattestato, in prossimità della sua foce, sul Parco Fluviale “di là d’Arno” stupenda realtà finalizzata a scopi ricreativi.
- Il castello dell’Acciaiolo del 1300, è al centro di una vasta area verde ed è stato ampiamente recuperato dal Comune di Scandicci. È sede dell’Istituto Tecnico Superiore per il Made in Italy M.I.T.A.
La foce della Greve in Arno
UN TERRITORIO DA RICUCIRE, IL GRANDE CORRIDOIO VERDE: DALL’ACCIAIOLO A GONFIENTI, LA GREEN TOWN.
La piana è una grande occasione per la città metropolitana di Firenze, in quanto le sue risorse naturali e storiche possono diventare un importante elemento riunificante di un’area altrimenti condannata da uno sviluppo urbanistico, industriale e infrastrutturale non sempre ordinato.
Questo potrà avvenire a patto che si venga a determinare una vasta convinzione civile e politica sulla unitarietà del Grande Parco della Piana Fiorentina, troppo spesso vissuto e gestito in modo locale e frammentario, e si pianifichino e realizzino interventi, quali i seguenti.
- Ripartire esattamente le aree in zone di protezione totale (interdette al pubblico), parco naturale (dove si può entrare in determinati orari e sentieri, e accedere ad appostamenti ove ammirare le specie presenti), e aree finalizzate alla libera fruizione. Realizzare la delimitazione delle zone con elementi naturali quali corridoi alberati, fossi, boschi. Creare un sistema di cartellonistica che evidenzi bene le zone del parco con unico logo.
- Creare sentieri che permettano di percorrere tutto il territorio su piste in terra battuta, a piedi o bicicletta, evitando in modo assoluto la cementificazione delle vie ciclabili – adatta per le zone urbane ma non certo per i parchi – e valorizzando tutti i percorsi vicino ai corsi d’acqua.
- Ridurre progressivamente le aree destinate ad attività venatoria, da sostituire sia con zone di protezione totale sia con zone da finalizzare alla didattica, all’attività sportiva (non intrusiva) e all’osservazione fotografica: la passione per gli obiettivi e le reflex è una possibile alternativa per chi, appassionato di caccia, volesse realmente ripensare la sua passione verso la natura esprimendola con strumenti sostenibili (anche se, lo dico da “fotografo”, comunque intrusivi).
- Valorizzare le possibilità didattiche per i ragazzi dalle elementari alle superiori: aspetto ancora troppo trascurato, le aree hanno una potenzialità, ai fini dello sviluppo della mentalità scientifica ed ecologica dei ragazzi, ancora largamente inutilizzata.
- Valorizzare per la collettività i grandi beni storici presenti tra cui, insieme alla Villa Medicea di Poggio a Caiano, spiccano La Fattoria delle Cascine di Tavola, La Rocca Strozzi, la Badia a Settimo, il Castello dell’Acciaiolo e il Parco Archeologico di Gonfienti, privilegiando fini didattici, museali, culturali e scientifici.
- Realizzare un grande bosco, che sia veramente tale e finalizzato in termini biologici.
- Non realizzare opere infrastrutturali totalmente fuori luogo, quali un nuovo stadio, per le quali non credo siano nemmeno definibili interventi di mitigazione.
Quanto riassunto sono solo alcune cose che si possono fare: la delibera del 2014 della Regione Toscana è ricchissima di possibili realizzazioni, ciascuna delle quali meriterebbe un approfondimento. Cito solo una frase: “l’area presenta potenzialità fra le più rilevanti dell’intera regione per la captazione della radiazione solare secondo criteri di sostenibilità ambientali”. Tutto questo è fattibile, e creerebbe, oltre che riduzione di CO2, lavoro, cultura, bellezza e paesaggio nonché condizioni per un corretto sviluppo infrastrutturale altrimenti non sostenibile. In altre parole un investimento positivo in termini economici, di salute pubblica e ambientale, un motore che può portare l’Area Metropolitana Fiorentina ad essere una vera Green Town. La realizzazione del Grande Parco della Piana Fiorentina deve diventare una priorità politica per gli Amministratori della Toscana, da realizzare presto prima che si verifichino ulteriori irrimediabili danni.
Da cittadino e da convinto sostenitore dell’ambiente, non per motivi ideologici ma perché l’obiettivo ambientale è inderogabile per la sostenibilità del futuro nostro e dei nostri figli, rivolgo il mio appello a tutti gli Amministratori dell’Area Fiorentina perché questo diventi tema centrale e immediato dell’Azione Politica, perché, come tutti sappiamo e fermo restando tutto quanto necessario per superare l’emergenza COVID, la crisi ambientale per le sue future conseguenze è superiore e più grave della pandemia.
Firenze, 20 febbraio 2021 Articolo e foto di Gabriele Antonacci
gabriele.antonacci@gmail.com
Note bibliografiche & internet
- Deliberazione 16 luglio 2014, n. 61 del Consiglio Regionale della Toscana, “Approvazione dell’integrazione al piano di indirizzo territoriale (PIT) per la definizione del Parco agricolo della Piana e per la qualificazione dell’aeroporto di Firenze secondo le procedure previste dall’articolo 17 della legge regionale 3”
- https://www.toscana-notizie.it/-/parco-della-piana-250mila-alberi-per-ridurre-le-emissioni-di-co2
- Master Plan MASTER PLAN 2014 – 2029 AEROPORTO AMERIGO VESPUCCI FIRENZE – Studio di Impatto Ambientale – Relazione di Incidenza – Febbraio 2015 (fonte https://va.minambiente.it)
- Regione Toscana – Centro Ornitologico Toscano – Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti nella piana di Firenze-Prato-Pistoia 2010-2015 e check-list 1983-2017
- Federcaccia Prato “I laghi artificiali della nostra pianura – oltre 200 ettari di acqua gestita, un patrimonio naturalistico e umano da tutelare”
Florentia Paleocristiana – I luoghi e le storie di San Zanobi
Il centro storico di Firenze è frutto di innumerevoli evoluzioni che si sono alternate
nei secoli, che hanno plasmato l’aspetto attuale della città: così le strade e
monumenti ereditano il lungo cammino storico che le ha generate. Nel periodo tra
IV e V secolo Florentia integrò nel suo reticolo i simboli cristiani. Basiliche dedicate
ai martiri, San Lorenzo e Santa Felicita, vennero edificate a nord e a sud; e le due
chiese intitolate ai santi Pietro (san Pier Maggiore) e Paolo (san Paolino) forniscono
a est e a ovest conferma dell’evoluzione del tessuto urbano conformemente al
modello ambrosiano, dove le chiese erano edificate nei pressi delle porte esterne
perimetrando il centro abitato e seguendo una precisa logica di dedicazioni.
San Cresci in Valcava
articolo pubblicato su “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente” marzo 2022
In una nascosta valle del Mugello un’antica Pieve custodisce un tesoro di arte e di storia. L’antichissima tradizione di San Cresci e dei martiri del Mugello, risalente al III secolo, è mantenuta viva dal recente ciclo di affreschi del Maestro David Mayernik.
La chiesa di San Cresci in Valcava è uno dei luoghi più straordinari dei dintorni fiorentini. È un contatto diretto con la chiesa dei primi secoli, con le sue testimonianze più drammatiche. Il culto iniziò subito dopo la morte dei martiri; si ignora l’esatta epoca di costruzione della chiesa, fermo restando che il luogo probabilmente era anche sede di un tempio pagano, dove appunto Cresci e compagni furono portati per sacrificare agli idoli; probabilmente l’edificio attuale risale all’XI secolo, periodo al quale risalgono gli atti dello scritto latino. Tra il 1200 ed il 1500 la chiesa fu un santuario importante, meta di pellegrinaggi; nel 1516 visitava la chiesa l’arcivescovo Giulio de’ Medici, futuro pontefice Clemente VII. Nel 1613 furono ritrovati i resti dei martiri, evento a cui presenziò l’arcivescovo Alessandro Marzi-Medici. Quanto fu trovato corrispondeva al racconto della tradizione…
San Martino a Mensola
Articolo pubblicato su “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”, febbraio 2022
Tra Firenze e Fiesole, non lontano da Coverciano, si trova l’antica chiesa di San Martino a Mensola, la cui origine è legata a tre grandi personaggi irlandesi del IX secolo: San Donato, vescovo di Fiesole, Sant’Andrea di Scozia e sua sorella Santa Brigida. La chiesa contiene uno straordinario patrimonio di storia e arte, di cui si daranno alcuni cenni nell’articolo
Due uomini camminavano ai piedi delle colline di Fiesole, lungo le sponde del piccolo torrente Mensola costeggiandolo in direzione dell’Arno. Siamo nel IX secolo, Andrea e Donato, monaci irlandesi (o “scoti”, come si diceva, da cui “di Scozia”), scesi in Italia in pellegrinaggio erano arrivati a Fiesole nei giorni in cui la comunità stava cercando un nuovo vescovo. Appena i fiesolani conobbero Donato, uomo di grandissima cultura, lo avevano immediatamente eletto come loro pastore, e Andrea era rimasto con lui senza tornare in Irlanda dove la sorella Brigida lo aspettava….
Santa Caterina alle Ruote
Articolo pubblicato su “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente” novembre 2020
La visita all’Oratorio di Santa Caterina alle Ruote introduce ad una grande storia dell’antichità. Esempio di indipendenza e valore della donna contro la prepotenza maschile, Santa Caterina d’Alessandria, oggi quasi dimenticata, ebbe un grandissimo rilievo in epoca medioevale attestato da un grande numero di opere a lei dedicate in chiese e musei. La sua festività ricorre il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, instaurata nel giorno del martirio delle sorelle Mirabal, la cui storia drammaticamente ripercorre, circa duemila anni dopo, vicende molto simili a quelle della Santa.
Se da fuori l’oratorio di Santa Caterina alle Ruote appare come una delle tante meravigliose chiesette toscane, sparse nella campagna, dentro è una sinfonia di affreschi e di colori. L’oratorio fu costruito dalla famiglia Alberti nel 1354, una delle più potenti famiglie fiorentine che, rendendo omaggio alla Santa protettrice di giudici e notai, voleva far risaltare la Magistratura da loro esercitata in Firenze. Il ciclo pittorico rappresenta la storia di Santa Caterina come narrata dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. A queste immagini si abbinano altre iconografie tradizionali, Apostoli ed Evangelisti, Sant’Antonio e San Francesco. La valle dove si trova l’oratorio di Santa Caterina alle Ruote è interessata a un progetto relativo a nuove edificazioni.
Il Rio Rimezzano, contiguo all’oratorio
Florentia Paleocristiana: santa Felicita, Santa Trinita, il tempio della Cella di Ciardo
…ci sono a Firenze testimonianze archeologiche di un’antica comunità cristiana, precedenti al IV secolo? Già dal terzo secolo il cristianesimo era ben diffuso nell’impero, in cui non solo erano ormai disponibili versioni dei vangeli assolutamente consolidate, ma anche un colto e laico dibattito tra cristiani e pagani sulle tematiche della fede cristiana. Una possibile testimonianza della comunità cristiana del terzo secolo in Florentia è il sarcofago della cappella Davanzati in Santa Trinita. Fu riutilizzato nel 1446 per la sepoltura di Giuliano Davanzati. Sulla superficie anteriore è presente un bassorilievo che rappresenta il Buon Pastore, tema che a esempio troviamo nelle pitture del battistero di una delle prime chiese conosciute, la domus ecclesiae di Doura Europos in Siria…
Lapidi Paleocristiane a Santa Felicita
Florentia Paleocristiana: la cattedrale di Santa Reparata, le origini
Difficile deve essere stata la scelta dei fiorentini al tempo di Dante, quando intorno al 1300 decisero di iniziare a demolire la loro cattedrale per costruire un edificio molto più imponente e spazioso; la basilica di Santa Reparata con le sue geometrie romaniche, che per secoli aveva dialogato con il Battistero di San Giovanni, doveva lasciare il passo a un edificio degno di quella che allora stava per diventare la città più grande e potente di Europa. La decisione fu così impegnativa…
Nel Chianti tra natura e storia: Panzano
Articolo apparso su L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente n° 5, Anno VIII, Maggio 2021
Panzano è un luogo particolare, il cui profilo si distingue sullo straordinario crinale chiantigiano che divide la Val di Greve dalla Val di Pesa. Racchiude dentro di sé un sorprendente riassunto del territorio fiorentino: arte, storia, tradizioni, natura, campagna e …gastronomia si fondono in un unicum territoriale sorprendente.
All’inizio di novembre, percorrendo la strada bianca che da Lamole si dirige verso Panzano, si rimane estasiati dallo spettacolo dei vigneti che dipingono di infiniti colori i dolci versanti della Val di Pesa. E in questa vera e propria galleria d’arte disegnata dall’uomo e dalla natura, i boschi completano la tavolozza assumendo ulteriori tonalità. Soffici nuvole risalgono i crinali, rendendo il paesaggio mai uguale a sé stesso. Ma la bellezza della natura e i colori della campagna sono solo un assaggio delle meraviglie che ci attendono.
Immersa in questa campagna troviamo San Leolino, la straordinaria pieve nei pressi di Panzano, indiscutibilmente una delle perle del Chianti e oggi custodita dalla Comunità di San Leolino, costituita da laici e sacerdoti che vivono nella fraternità, nello studio e nel lavoro. Si hanno notizie della chiesa già dal X secolo, ma è nel XIII secolo che raggiunse la massima espansione, guidata da una comunità di monaci Agostiniani e con ben 14 chiese suffraganee. Nel 1441 la pieve fu incaricata dal papa Eugenio IV di fornire alimenti all’Ospedale di Santa Maria Nuova in Firenze: sorse così una grande fattoria con ben 17 poderi, e la gruccia – stemma dell’ospedale – comparve sulle pareti dei suoi edifici. Alla metà del XVI secolo fu realizzato l’elegante portale, che introduce le meraviglie contenute all’interno della chiesa. Due per tutte: il dossale “Madonna in trono col Bambino tra i Santi Pietro e Paolo”, di Meliore di Jacopo, è una importantissima testimonianza della pittura del XIII secolo; la pala del 1421 di Mariotto di Nardo, “Madonna con Bambino e Santi”, illumina con il suo splendore l’intera navata.
La storia di Panzano è iniziata molti secoli fa: esiste un’ipotesi secondo cui l’abitato sia stato fondato dalla famiglia romana dei Pansa, da cui avrebbe preso nome, possibilità suffragata dal ritrovamento di alcune monete romane. Qui passava un’importante strada proveniente da Siena che, passando per il crinale delle colline, permetteva poi di dirigersi verso Florentia o, alternativamente, verso i porti sul fiume Arno: possiamo immaginarci un importante flusso di prodotti agricoli verso la città e l’Arno, e viceversa materiali quali utensili metallici e anfore necessari per l’agricoltura e la conservazione del vino. La posizione era senz’altro strategica, naturale crocevia di vari percorsi e quindi logica sede di un insediamento.
Intendiamoci: le cronache sono più antiche dell’epoca romana, e credo che l’ultima parola archeologica sui luoghi sia ancora da formulare. Basti dire che nei pressi della pieve di San Leolino esisteva un’importante stele etrusca, come ricorda Baldini, grande storico del Chianti, in “Greve etrusca e romana”. Conteneva una scritta a forma di ferro di cavallo: “MI: LARUS: ARIANAS: ANASNIES KLAN”, stele funeraria di Laurus Arianas figlio di Anasnies, che è stata datata tra il V e il III secolo a.C.. La dizione “KLAN” è a quanto pare all’origine del toponimo Chianti, peraltro concorrente del toponimo “CLVTNI” trovato a Cetamura di cui vi ho fatto cenno nell’articolo di un anno fa (aprile 2020) dedicato a Coltibuono, Montegrossi, Cetamura. Sembra che la stele già nel XVIII secolo non esistesse più, perché probabilmente riutilizzata per qualche costruzione agricola. Per quanto riguarda l’epoca romana esisterebbe anche un frammento di urna funeraria di epoca tardo repubblicana che risulterebbe conservato all’interno di un edificio storico del paese.
Tutta l’area fu poi interessata dalla presenza longobarda. Ne sono testimonianze, oltre al culto per San Michele diffuso in queste zone del Chianti, varie evidenze. La prima è una lastra in arenaria contenente una croce scolpita, ornata da motivi vegetali e circondata da cerchi e vortici databile ai secoli VIII-IX, che si può ammirare come paliotto dell’altare di San Leolino. La lastra era un tempo probabilmente parte del pulpito dell’oratorio di Sant’Eufrosino, altro chiesa storica del luogo. Presso quest’ultimo oratorio sono stati ritrovati pilastrini con sculture dell’VIII o del IX secolo, che riprendono i motivi che si vedono nel paliotto di San Leolino.
Un’altra importante chiesa nei dintorni di Panzano è dedicata a Sant’Eufrosino, vescovo di origine orientale e storico evangelizzatore del Chianti: qui probabilmente arrivò nel VII secolo, inviato da Roma per convertire i Longobardi. Il luogo era senz’altro un’antichissima sede di culti pagani, legato alle acque con proprietà taumaturgiche, che assunsero nella successiva epoca cristiana il nome di “fontino di Sant’Eufrosino”.
La tradizione sposta le vicende del santo vescovo al I secolo: secondo quanto scritto nel 1578 da mons. Francesco Diacceto, vescovo di Fiesole, il santo sarebbe nato in Cappadocia e si sarebbe convertito al Cristianesimo in Persia, ascoltando gli apostoli Simone e Giuda Taddeo. Divenuto vescovo della Panfilia sarebbe stato scacciato dal tiranno pagano di quella regione. Dopo essere passato da Roma, si sarebbe poi diretto verso la Toscana, per fermarsi in Panzano dove sarebbe morto dopo poco. Questa storia non avrebbe però supporti storiografici, e apparirebbe in gran parte invenzione del Diacceto. Ma attenzione: la Toscana ha avuto importanti relazioni con la chiesa apostolica, testimoniata non solo da innumerevoli tradizioni, ma soprattutto dal fatto che il vescovo di Roma successore di San Pietro è San Lino, originario di Volterra che senza dubbio inviò evangelizzatori nei suoi territori di origine. Quindi come siano effettivamente andate le vicende è senz’altro impossibile stabilirlo, e a priori non si può nemmeno escludere l’ipotesi di un santo vescovo orientale arrivato a Panzano addirittura nel I secolo.
Esiste infine un antico atto registrato nel castello di Panzano che dimostra che una tradizione Longobarda, il Morgincap, veniva ancora praticata nell’XI secolo: tale usanza prevedeva una donazione da parte del marito alla sua sposa il mattino che seguiva le nozze fatta alla presenza dei parenti più vicini, di amici e di giullari. I beni dati alla sposa non potevano superare un quarto dei beni del consorte.
Il castello di Panzano venne fondato prima del 1000 dalla famiglia Ridolfi, probabilmente di origine longobarda e poi divenuta Firidolfi: importante casata del Chianti, che nell’articolo pubblicato nel già citato numero di Aprile 2020 de “L’Italia L’Uomo l’Ambiente” abbiamo trovato come fondatrice della chiesa di Coltibuono nell’XI secolo e successivamente proprietaria di Montegrossi. Il capostipite un certo Rodolfo, da cui il nome della casata “Filiis Ridolphi”. Numerosi sono i rami derivati di questa famiglia, il più celebre, ancora oggi presente, è quella dei Ricasoli.
Panzano ha un profondo collegamento con Firenze: alcuni Firidolfi e molti abitanti vennero nel medioevo a vivere nel capoluogo, dove vissero da protagonisti. Gonfalonieri, priori e ambasciatori, alcuni di loro furono anche tra i capi dalla rivolta dei Ciompi. Costruirono case nei pressi della chiesa di Santa Maria Maggiore, nella via chiamata oggi “dei Panzani”, nome peraltro derivabile anche dalle caratteristiche acquitrinose della zona, dove si trovavano appunto i “pantani”.
Dal castello si è originato il borgo e, più staccato, il “mercatale”, la cui forma di “campana” ha dato il nome alla piazza collocata sul crinale e incrocio delle varie strade. Tutte le domeniche mattina, nei giorni di festa, la piazza e le strade circostanti si riempiono di bancarelle, che immediatamente si affollano di turisti da ogni parte del mondo, di tutti coloro che passano per la chiantigiana e di abitanti del luogo: la combinazione che si realizza, intorno alla piazza, alle varie botteghe e ai mille profumi e colori e suoni ti fa sentire nell’ombelico del mondo. Il vertice si verifica al Mercato Aprilante che si svolge ogni prima domenica del mese: è una straordinaria mostra di prodotti locali, di artigianato, e di infinite squisitezze. Miele, formaggi, salumi e molto altro sono straordinari preludi alle due grandi specialità di Panzano: il Chianti e la Bistecca. Il territorio comprende 20 produttori di vino, che si distribuiscono su 500 ettari di vigneto. Se si guarda il paesaggio a sud del centro abitato i vigneti si dispiegano a perdita d’occhio, in una grande area chiamata “Conca d’Oro”: nome mutuato dall’antica destinazione agricola della zona, estesamente coltivata a grano che riempiva tutti gli spazi tra i filari delle viti. Oggi il 90% delle vigne di Panzano sono coltivate secondo i criteri della viticoltura biologica, e il comprensorio è stato il primo biodistretto vitivinicolo d’Italia. La zona è dotata anche di una Stazione Sperimentale che coordina il lavoro, esegue attività di monitoraggio ed elaborazione dati, e controllo della criticità.
Panzano è una delle capitali della bistecca alla fiorentina: qui si trova la bottega di Dario Cecchini, il macellaio poeta, un vero e proprio artista discendente da una tradizione di svariate generazioni, che propone straordinari tagli pronti per la griglia: l’attività, che ha creato lavoro e flusso turistico, ha senz’altro avuto il merito di creare attenzione su uno dei più importanti piatti toscani, portandolo nel mondo e arrivando anche nelle pagine del New York Times.
Lasciamo Panzano, nella speranza che i giorni del COVID passino presto, e tornino momenti che ci diano la possibilità di tornare a vivere pienamente questi luoghi di incontro, natura e tradizione.
Firenze, 21 aprile 2021 Articolo e foto di Gabriele Antonacci
Per approfondire
- Carlo e Italo Baldini, “Pievi, parrocchie e castelli di Greve in Chianti”, Cooperativa Tipografica degli operai, Vicenza 1979
- Carlo Baldini, “Greve in Chianti: etrusco e romano : Cor Vobis Grevem Pandit : Regionis cantiae”. Comune di Greve in Chianti, 1998.
- Centro di Studi Storici Chiantigiani – Radda in Chianti, Fattoria Vignale, “I Santi del Chianti”,: quaderno monografico. Salimbeni, 1985.
- Tavole illustrative Pieve di San Leolino, presso la pieve stessa.
- https://viticoltoripanzano.com/
- https://www.dariocecchini.com/
- Nel Chianti, tra natura e storia: Panzano – L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente (italiauomoambiente.it)
- https://www.italiauomoambiente.it/?p=458115
Vallombrosa
Articolo pubblicato sul numero di febbraio 2021 della rivista “L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente”
…Quando camminiamo in uno degli splendidi boschi toscani prestiamo attenzione: spesso quello che vediamo non è una libera espressione della natura, ma è stato nei secoli creato intelligentemente dall’uomo, che utilizzava e gestiva la natura come fonte rinnovabile di risorse, con concetti che solo con grande difficoltà vengono ripresi nel terzo millennio. L’abbazia di Vallombrosa era il centro di un complesso sistema economico, divenuto anche un vero e proprio feudo che si estendeva dai monti della Secchieta fino a Sant’Ellero…